Internet è morta per colpa del Nirvana

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Quello che è successo a Strasburgo lo corso 26 Marzo è la prova inconfutabile di quanti “digitambuli” siano rimasti nel Nirvana dei loro social invece di insorgere davanti all’ultimo miglio della vecchia e stanca Internet. La riforma sul diritto d’autore è stata approvata dal Parlamento Europeo nell’ultimo giro di tango, dove 348 membri hanno votato a favore e 274 hanno contro (36 si sono astenuti). Quello che passato è un testo a dir poco controverso, dove due articoli, nello specifico 11 e 13 (ora noti rispettivamente come 15 e 17), passeranno alla storia come i boia della grande rete.

In sintesi, viene detto che le piattaforme on-line, piccole o grandi che siano, saranno direttamente responsabili dei contenuti esposti ed avranno quindi l’obbligo pagare i diritti d’autore su materiale prodotto da terze parti, come per esempio notizie giornalistiche e altre informazioni, se queste saranno riportate sulle loro pagine o semplicemente collegate da un link; dovranno inoltre promuovere una auto-censura, eliminando tutto ciò che non è contrattualmente autorizzato dai garanti del copyright e dai gruppi editoriali.

Ovviamente per chi “dimenticasse” di far ciò, o non volesse sottostare a queste regole, ci saranno procedure d’infrazione, con sanzioni più o meno gravi.  Google News per esempio, che sappiamo essere uno dei tanti aggregatori di notizie, dovrà pagare una commissione per ogni collegamento ad una specifica notizia; se uno dei tanti moderni Youtuber, invece, volesse mettere come sottofondo al suo video un pezzo degli U2, la piattaforma dovrà verificare che il ragazzino abbia i diritti concordati con la Island Records.

E ancora, se un utente, per portare avanti una causa no-profit posterà un articolo dell’Espresso di Roberto Saviano sul proprio profilo Facebook, lo stesso se lo vedrà cancellare qualora il Sig. Zuckerberg non decidesse di fare un contratto con il gruppo editoriale GEDI. In sostanza nessuno sarà esonerato, nemmeno piattaforme come Wikipedia, che ha già tra l’altro avviato una raccolta di firme contro la propria morte, segnata da questo disegno di legge.

Potrei anche concordare sul fatto che è corretto proteggere la proprietà intellettuale, ma mi chiedo quale sia la reale contropartita: è qui che mi associo alle voci che gridano alla libertà di espressione. Secondo la logica di questa manovra, l’informazione tornerà ad essere in mano a pochi e ben selezionati broker. È vero che il fu Maestro Venerabile sarebbe certamente contento nel veder realizzato un po’ del suo progetto, ma questo andrebbe però a far deflagrare le fondamenta di un sistema di divulgazione libero e svincolato dai meccanismi del monopolio mediatico.

L’inventore del “WWW”, Tim Berners-Lee, ha visto la sua creatura crescere, e attorno ad essa germogliare idee e progetti sani e costruttivi. Internet ha dato voce a chi non avrebbe mai avuto spazio nel classico modello editoriale o all’interno di regimi politici controllati; probabilmente avvenimenti come la Primavera Araba non ci sarebbero mai stati. La cosa che dà speranza è che la manovra deve finire il proprio iter prima di entrare definitivamente in vigore.

È necessario infatti, dopo il voto del Parlamento, un nulla-osta del Consiglio affinché si approvi la direttiva. In tutto questo mi consola vedere la borgata Italiana coesa nella protesta. M5S e Lega, in particolare, si sono schierati fortemente contro questo disegno. Ovviamente però resistono gli ultimi romantici sostenitori dei sogni affranti di Angelino Alfano, che ricordiamo provò, facendo anche un po’ tenerezza, a farfugliare su due piedi una legge ad-hoc durante il governo Berlusconi per impedire ad Internet di parlare del Bunga-Bunga, di Ruby e del resto delle beghe processuali dell’affiliato 104 della P2: dev’essere per questo che le vallette dell’arem di Forza Italia come Mariastella Gelmini, si sono schierate a favore di questa Legge Bavaglio 2.0.

Prima che mi dimentichi: devo chiedere alla redazione di pagare il Sig. Michele Serra per aver utilizzato il termine “digitambuli”